Vivere il momento oppure immortalarlo? Non è possibile fare entrambe le cose. Mentre il bambino fa i suoi primi passi, mentre spunta l’arcobaleno, mentre si è al concerto della propria band preferita… in tutte queste situazioni abbiamo lo smartphone in mano. Per avere un ricordo indelebile di quel momento, per dire “io c’ero”, e via dicendo. E certo, certe volte fare una fotografia è un obbligo. Altre volte, invece, non serve affatto, e anzi, rovina l’attimo.

Pensiamo a una gita in montagna, o a una passeggiata in una delle tante città d’arte italiane. Quante emozioni ci ruba il fatto di guardare continuamente il paesaggio attraverso un obiettivo, anziché godere di quello che ci circonda con i nostri occhi, senza pensare all’inquadratura perfetta, e senza preoccuparsi perché quella foto non è venuta come volevamo?

Quando si avvicinano i termini fotografia e minimalismo, di solito, ci si riferisce allo stile dello scatto, che deve essere per l’appunto minimal, con pochi oggetti inquadrati, poco elaborato, pulito, essenziale, seguendo però delle tecniche compositive creative e interessanti. Ma un approccio minimalista alla fotografia significa anche fare un numero minore di scatti, per non perdere il momento, e per non ritrovarsi con decine e decine di fotografie sullo smartphone di una singola scampagnata, che non selezioneremo e non guarderemo mai.

Scattando un numero minore di fotografie sarà possibile peraltro concentrarsi maggiormente sui singoli scatti, così da avere risultati qualitativamente superiori. Cerchiamo dunque di scattare meno – molto meno – e di farlo solamente quando la presenza di un obiettivo ci permette comunque di vivere appieno l’attimo.

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